Papa Francesco e le accuse di eresia

Papa Francesco e le accuse di eresia: «Su divorziati e risposati la morale è quella di Tommaso d’Aquino»

Il pontefice replica indirettamente alle accuse dei giorni scorsi, a proposito delle sue aperture sulla famiglia: «La teologia ci è ancora d’aiuto tutti i giorni»

CITTÀ DEL VATICANO – Eretico chi? Tommaso d’Aquino? Francesco risponde, seppure in modo indiretto, ai «dubbi» dei quattro cardinali (due dei quali nel frattempo deceduti) e pure alla pretesa «correzione filiale» firmata da qualche decina di persone, per lo più legate al modo tradizionalista, che gli attribuisce sette «proposizioni false ed eretiche» in tema di morale e famiglia. Una replica fondata sul più insospettabile ed ortodosso dei pensatori cristiani, uno dei massimi geni del pensiero teologico e filosofico: San Tommaso d’Aquino, appunto. Pietra dello scandalo, per la «fronda» conservatrice, è l’esortazione apostolica Amoris Laetitia del 2016, nella quale Francesco ha tirato le somme dei due ultimi Sinodi sulla famiglia. Francesco ne ha parlato ai confratelli gesuiti il 10 settembre, durante il suo viaggio in Colombia, ed il colloquio finora riservato verrà pubblicato nel prossimo numero della Civiltà Cattolica, la rivista della Compagnia di Gesù. «Alcuni sostengono che sotto l’Amoris Laetitia non c’è una morale cattolica o, quantomeno, non è una morale sicura», dice Francesco. «Su questo voglio ribadire con chiarezza che la morale dell’ Amoris Laetitia è tomista, quella del grande Tommaso. Potete parlarne con un grande teologo, tra i migliori di oggi e tra i più maturi, il cardinale Schönborn».

Le notazioni di Schönbörn

Proprio l’arcivescovo di Vienna, domenicano come Tommaso, era stato invitato da Francesco a presentare in Vaticano l’esortazione. Non a caso: Schönborn guidava il gruppo di lingua tedesca che all’ultimo Sinodo trovò il punto di equilibrio tra conservatori e progressisti, grazie all’Aquinate. La questione più evidente, anche se non l’unica, era la possibilità di dare la comunione ai divorziati e risposati, finora esclusi dal sacramento. La conclusione dei Sinodi e dell’esortazione non è stata un’apertura automatica, ma l’invito a valutare i singoli casi concreti. «A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa», si legge nell’esortazione. In una nota si aggiunge: «In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti». Di qui le polemiche, i dubbi, lo scandalo del fronte più tradizionalista. Eppure, notava Schönborn, lo aveva già detto Tommaso d’Aquino nella Summa Thelogiae: il compito della prudenza «non è solo la considerazione della ragione» ma anche la sua «applicazione all’opera» che è «il fine della ragion pratica» («Ad prudentiam pertinet non solum consideratio rationis, sed etiam applicatio ad opus, quae est finis practicae rationis», STh ii-ii-47,3). E questo, spiegavano i teologi del gruppo di lingua tedesca, significa che «bisogna applicare i principi di fondo con intelligenza e saggezza rispetto alle singole situazioni spesso complesse».

«La teologia non è riflessione di laboratorio»

Esser attenti alla vita delle singole persone, alla concretezza della realtà. La teologia non è «una riflessione di laboratorio», dice Francesco ai confratelli gesuiti: «Abbiamo visto che danno ha finito col fare la grande e brillante scolastica di Tommaso quando è andata decadendo, decadendo, decadendo…È diventata una scolastica da manuale, senza vita, mera idea, e si è tradotta in una proposta pastorale casuistica. Almeno, ai nostri tempi siamo stati formati in questa linea». Qui sta il problema generale, e non si tratta solo dei divorziati e risposati. Spiega Francesco ai gesuiti: «Sento molti commenti – rispettabili, perché detti da figli di Dio, ma sbagliati – sull’Esortazione apostolica post-sinodale. Per capire l’Amoris Laetitia bisogna leggerla da cima a fondo. A cominciare dal primo capitolo, per continuare col secondo e così via, e riflettere. E leggere che cosa si è detto nel Sinodo». Francesco ama parlare di «teologia in ginocchio». È quello che raccomanda anche nel colloquio pubblicato della Civiltà Cattolica: «Questo voglio dirlo perché aiutiate le persone che credono che la morale sia pura casistica. Aiutatele a rendersi conto che il grande Tommaso possiede una grandissima ricchezza, capace ancora oggi di ispirarci. Ma in ginocchio, sempre in ginocchio…»

( Fonte Corriere della Sera)

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